da Barche anno II numero 7 – aprile 1981 – L.3000

Un microcabinato a vela che si propone come barca ideale per una fascia di utenti molto ampia: dal giovane che vuol regatare alla famiglia che vuol fare le vacanze in maniera nuova e originale.

 

Vuoi l’inflazione, vuoi l’esasperazione dei regolamenti di stazza, sta di fatto che la nautica ritorna a essere uno sport di élite. Non è per fare della stupida demagogia, ma piuttosto perché siamo convinti che una involuzione del genere non favorisca nessuno, che guardiamo con molta speranza, all’avvento dei microtonner. I microtonner sono dei piccoli cabinati a vela dell’omonima classe a restrizione, cioè svincolati dalle formule di stazza lor, con severi limiti nel numero delle vele, nelle dimensioni e nei pesi dello scafo. Sono barche di 5,50 metri, sufficientemente abitabili, con le quali è possibile regatare senza investire cifre astronomiche oppure vivere delle magnifiche avventure di campeggio nautico e di minicrociere.

Lo Stag 18 del cantiere Mark 3 di Desenzano è, insieme al Micropomo di Cadei, il pioniere dei micro italiani. L’esperienza del cantiere bresciano nella costruzione di piccoli cabinati a vela (ricordiamo gli affermati Stag 24 e 29) si è trasferita totalmente nel 18 che nasce già adulto, privo di quei piccoli difetti di gioventù che di solito caratterizzano una realizzazione completamente nuova. Del resto all’inizio dell’anno ne erano già stati consegnati dieci esemplari e altri trenta erano prenotati: un dato che si commenta da solo.

Lo scafo è realizzato in vetroresina strati­ficata secondo le norme Rina ed è rinforzato con serrette e dormienti; la coperta, di vetroresina a sandwich di balsa, ha ricavato in stampata un efficiente disegno antisdrucciolo. Il pozzetto, molto spazioso, presenta delle originali panche inclinate verso l’esterno assai pratiche e accoglienti; comodi e capienti i due gavoni e buona, ci sembra, l’dea della sede per il fuoribordo direttamente ricavata nella stampata. Al momento del montaggio delle attrezzature si è rinunciato alla rotaia di scotta, di cui non si sente la mancanza ma che in compenso migliora l’agibilità del pozzetto.La scotta della randa dispone solo di un paranco a tre rinvii che finisce direttamente sul pagliolo.

Il timone, come è ovvio su una barca di queste dimensioni è appeso a poppa; nel modello da noi provato era di dimensioni un po’ eccessive e questo creava qualche problema di risonanza e una certa pesantezza alla barca. Ci è stato assicurato che la nostra era il primo esemplare prodotto e che nei successivi si era già provveduto a modificare il profilo. Lo Stag 18 è disponibile sia nella versione a bulbo sia in quella a deriva mobile. Noi abbiamo provato la prima anche se siamo fermamente convinti che la seconda (di cui purtroppo non era disponibile neanche un esemplare) sia preferibile. Grazie alla possibilità di sollevare la lama, infatti, lo Stag diventa facilmente alabile e carrellabile e anche in regata le prestazioni sono superiori: con brezze leggere le due barche si equivalgono, ma non appena il vento rinforza basta sollevare un po’ la deriva e, anche se si stringerà un po’ meno id bolina, il passo sarà decisamente superiore.

L’attrezzatura di coperta è molto semplice ma di eccellente qualità: gallocce e rotaie del fiocco della Fico; albero, boma e tangone della Licospars e verricelli della Lewmar. Tutte le manovre sono rinviate nel pozzetto: sulla tuga ci sono quattro strozzatori per le drizze e uno per l’amantiglio del tangone; quello del caricabasso si trova a sinistra sul fianco.

 

L’armamento è a 7/8 ma non esistono sartie volanti e questo semplifica parecchio i problemi del principiante;con il fiocco più piccolo si potrebbe montare una rotaia semicircolare in modo da renderlo autovirante. Le vele sono della Carozzo & Peer s sono tagliate e confezionate con cura a cui questa veleria ci ha abituato da tempo. A prua c’è un gavoncino stagno per l’ancora poi, di serie, il pulpito di prua, quattro candelieri e il balcone poppiero aperto, naturalmente tutto in acciaio inox.

La semplicità che caratterizza la coperta viene confermata anche dagli interni. A prua vi sono le due classiche cuccette a V, al centro un puntuale di alluminio che sostiene in corrispondenza del punto di appoggio dell’albero. Altre due cuccette sono ricavate a murata sfruttando parzialmente lo spazio sotto le panche del pozzetto; le quattro brandine sono abbastanza comode e misurano circa 1.90 metri di lunghezza. Al centro sono ricavati due mobiletti ricchi di ripostigli, con una rastrelliera porta bottiglie e bicchieri e una vaschetta. Sotto il tambuccio c’è un tiretto scorrevole che serve da gradino e che nasconde un fornello basculante a due fuochi. È possibile anche trasformare le due cuccette prodiere in un unico cuccettone matrimoniale grazie a un settore centrale amovibile, sotto al quale può eventualmente trovare posto un wc chimico. La vetroresina non è tappezzata e anche la lavorazione dei legnami è volutamente poco rifinita con il giusto obiettivo di conte­nere i costi. L’aspetto generale è quindi piuttosto spartano ma non certo misero; in ogni caso perfettamente in linea con lo spiri­to di questa classe di barche.

 

stag 18 mark 3 interni

 

Veniamo adesso alla nostra prova. Come abbiamo già detto la barca che ci è stata messa a disposizione era a bulbo e ancora con la pala del timone troppo grande. La prima impressione che abbiamo tratto era quella di trovarci su una deriva piuttosto che su un cabinato.Usciamo che c’è ancora bonaccia, ma come si alza la prima brezza subito lo Stag scivola via con un’accelerazione veramente notevole; il vento rinforza e la navigazione prosegue tranquilla.Alle andature portanti lo spinnaker di 18 metri quadrati ci porta a spasso che è un piacere, e se si ha l’accortezza di anticipare le raffiche con una leggera puggiata si scongiura ogni pericolo di straorzata. Insomma: una barca nervosa come piace al regatante fanatico, ma anche sufficientemente stabile e docile da concedere al principiante più di una distrazione.

testo di Alberto Mondinelli foto di Pio Mantovani